Il Grande Teatro al XXX CIVITAFESTIVAL con La Fabbrica dell’Attore, Teatro vascello e La Versiliana,, Viterbo VT, 18/07/2018 - Lazio in Festa
 

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Dettagli evento:

lug 18 2018

Il Grande Teatro al XXX CIVITAFESTIVAL con La Fabbrica dell’Attore, Teatro vascello e La Versiliana,

Letture: ... - Teatro a Viterbo - VT



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Approfondimenti: INSERISCI un approfondimento
dove: Forte Sangallo
Civita Castellana
data: mercoledì 18 luglio 2018, dalle 21:30 alle 00:00
intrattenimenti:
info sul luogo:
Organizzazione: Non definito
Referente: Non definito
E-mail: Contatta il referente
Telefono:
Il Grande Teatro al XXX CIVITAFESTIVAL con La Fabbrica dell’Attore, Teatro vascello e La Versiliana,
Descrizione evento:
18, 20,22 luglio 2017 Forte Sangallo, Via del Forte, 1 – Civita Castellana (VT) ore 21.30. Ingresso gratuito.
Al XXX CivitaFestival a Civita Castellana (VT) torna il grande teatro con la scenografia d'eccezione del Polo Museale del Lazio, Forte Sangallo.
Per il 2018 tre gli appuntamenti speciali, per un viaggio teatrale tra il classico e il contemporaneo, accendendo un cono di luce su alcune delle realtà più interessanti e autorevoli della scena: mercoledì 18 luglio con A Sciuqué, spettacolo vincitore del Roma Fringe Festival 2017,  Le Coefore i Eschilo in scena il 20 luglioper THEATRON - Teatro Antico alla Sapienza e il 22 luglio con La Fabbrica dell’Attore, il Teatro vascello e La Versiliana che presenteranno Dichiaro guerra al tempo tratto da I Sonetti di William Shakespeare con Manuela Kustermann e Melania Giglio.
Ospite anche dell'autorevole festival di Avignone e in Australia, A Sciuqué Compagnia Malmand e Compagnia I Nuovi Scalzi il 18 luglio porterà il pubblico del XXX CivitaFestival in una dimensione artistica internazionale e al tempo stesso tutta italiana. Nicola, il protagonista, si racconta in uno spazio vuoto che riflette il mondo che vive dentro di sé, quello che la sua dipendenza dal gioco lo ha costretto ad esplorare. Ad accompagnarlo in questo viaggio, quattro amici col compito di dar vita ai ricordi, alle malinconie, alle azioni mancate e ai dolori di quest’uomo costretto a fare i conti con il suo più grande errore. Frammenti di vita e ricordi si confondono e si sovrappongono grazie ad una polifonia dialettale riconducibile all'universo popolare del sud Italia. Un sud senza orpelli, tamburelli o tarante, un sud vivo nella sua semplicità. L’uso del dialetto è l’unico, naturale “artificio” che consegna alla storia una magia particolare, che dal primo minuto ci catapulta in una strada di periferia, nella provincia di Bari, sui ciottoli bagnati dalle gocce d’acqua che cadono dai panni stesi ad asciugare, sotto il sole caldo e denso di una giornata come tante, passata a giocare.
Dal teatro contemporaneo ai grandi classici, il 20 luglio al XXX CivitaFestival THEATRON - Teatro Antico alla Sapienza presenta le Coefore di Eschilo. La convinzione dell’assoluta centralità, strutturale e morale, di Coefore all’interno della trilogia eschilea si unisce alla consapevolezza che è qui che risiede l’acme d’intensità tragica per quel matricidio che, seppur auspicato, annunciato ed incitato fin quasi dall’inizio del dramma, giunge fulmineo solo poco prima dell’epilogo. Eppure tutta l’azione procede decisa, incessante, diretta verso il compimento di quel gesto tanto inaudito, quanto necessario. La singolare decisione di presentare, ad apertura di questa messa in scena, una Clitennestra già trucidata, che, prendendo in prestito le parole da lei stessa pronunciate sotto forma di ε?δωλον nella successiva tragedia Eumenidi, invoca e reclama vendetta per la sua ignobile ed ingiusta fine, intende soddisfare una duplice esigenza: esibire sin dall’inizio quell’atto mostruoso ed al contempo liberarsene immediatamente. Tale scelta, per quanto audace, consente di ricostruire la vicenda concentrandosi su momenti altri, di sicuro meno cruenti ma altrettanto poderosi, che potrebbero essere definiti manifestazioni di “pietas”. La devozione religiosa per la tomba dell’amato padre assassinato si enuclea nella celebrazione costante di una lunga e mesta serie di riti che, occupando un importante, ampio spazio temporale, determina addirittura la necessità di rinunciare alla consueta duplicità di luogo prevista dal testo e di svolgere l’intera azione scenica esclusivamente di fronte al tumulo di Agamennone, testimone ed insieme artefice del fatto. In modo ancor più incisivo, la commovente agnizione dei due fratelli, intensa pur nella sua brevità verbale, viene amplificata al punto da contaminare l’identità stessa del Coro e trasformare ogni singola coreuta in immagine-clone di Oreste o di Elettra . I due fratelli, quasi fossero gemelli, si confondono nella loro individualità per la totale somiglianza fisica, psichica, affettiva che li contraddistingue, in una unità emotiva talmente empatica da riuscire quasi a giustificarne l’agghiacciante progetto di vendetta.
Grande chiusura il 22 luglio con il teatro di La Fabbrica dell’Attore, Teatro vascello e La Versiliana che presenteranno Dichiaro guerra al tempo da I Sonetti di William Shakespeare con Manuela Kustermann e Melania Giglio. Due donne giacciono sprofondate negli abissi del tempo. Una in epoca elisabettiana, l’altra in epoca moderna. Abitano la stessa stanza. Non si vedono, non si parlano direttamente, ma sicuramente si percepiscono. La stanza è la stanza della memoria. Ovunque, manoscritti, versi, perpetue parole, spartiti musicali. I versi appartengono a William Shakespeare. Nella stanza dell'immaginario del grande poeta ci si può anche smarrire. Là ci sono pochi oggetti, lo spazio è denso, percorso da sussurri e voci dimenticate, memorie di antiche interpretazioni, ombre in transito e riflessi di luce abbaglianti. Il poeta è testimone instancabile di un mondo che non c'è più, una realtà costruita con dedizione, fede, potenza espressiva, serietà, competenza e valori indiscutibili. Il poeta frequenta il futuro nella vita di ogni giorno, si batte per la verità, cade in deliquio, trema, sviene per un istante e in quell'istante elabora universi, sogna l’infinito e tenta di decifrarne la grammatica. Così è la scrittura di Shakespeare, scrittura “vivente”, tracciata nell'inconscio dei suoi interpreti. Così è la sua Poesia.
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