Comune di Ciampino, Comuni a Ciampino (RM) - Lazio in Festa
 

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Comune di Ciampino

Ciampino (RM)
Categoria: Comuni
Contatti:

Comune di Ciampino
Largo Felice Armati
43 - Ciampino (RM)

La scheda è stata inserita da: michaela
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Descrizione:
Sono innumerevoli le città sorte completamente dal nulla nel secolo scorso. Ciampino è una di queste [2]: nella zona dove Ciampino è sorta, non v’era traccia nemmeno del più minuscolo borgo, né di rare case sparse, fino alla fine della prima decade del Novecento.
Ciò è accaduto anche con il centinaio di “città di fondazione” (centri urbani realizzati con progetto unitario) concepite dal regime fascista in Italia negli anni trenta (tra cui Sabaudia, Aprilia, Pontinia, Littoria - l’attuale Latina-); ma la nascita di Ciampino non ha alcun legame con queste.  È precedente allo stesso regime e fuori da quel piano di fondazione.
 
Oggi la troviamo in una posizione baricentrica di un’area del quadrante sud-est della provincia di Roma che parte dopo Tor Vergata ed arriva ai confini della provincia, prima di Aprilia.
Un’area, individuabile come una vera e propria faglia di sutura tra Roma e l’area socioeconomica omogenea dei Castelli Romani, che si snoda lungo assi trasversali rispetto alla tessitura radiale romana; un’area priva di unità ed autorità amministrativa, ma con storie simili: storie di immigrazioni, concentrate e consolidate nella seconda metà del Novecento[3], di popolazioni che si insediano su territori periferici e quasi di risulta rispetto alle unità amministrative originali (Roma, Marino, Castel Gandolfo, Albano, Lanuvio). Popolazioni che hanno problemi comuni, che spesso si servono di servizi comuni (ferrovia, strade, centri commerciali), ma che mai riescono a condurre azioni comuni perché diversi sono i loro referenti istituzionali. Un’area che potremmo definire la città negata.
  
Diversamente dalle altre zone di quest’area, Ciampino acquisisce la sua autonomia amministrativa dal comune di Marino a cui il suo territorio apparteneva, a 65 anni dall’inizio della sua formazione; dopo altri 30 anni assume anche formalmente il titolo di Città. Perdente e lacerante invece la battaglia intrapresa da Frattocchie, Santa Maria delle Mole, Cava dei Selci che riusciti a trovare almeno un nome in comune (Boville), han visto svanire la loro autonomia amministrativa da Marino a colpi di sentenze di Tar. Morena, Sette metri, Centroni, con la costituzione del X° Municipio di Roma vedono avvicinato il loro referente. Pavona rimane addirittura divisa tra tre referenti amministrativi: Roma, Albano, Castel Gandolfo. Il borgo di Tor Vergata si è letteralmente dissolto tra i nuovi interventi direzionali ed i conseguenti milioni di metri cubi degli ultimi anni.
 
Ciampino deve il suo nome, le basi del suo sviluppo, ed in parte la sua forma a tre innovazioni:
  •  La prima è tutta ottocentesca: la ferrovia;
  •  La seconda è la più impetuosa tra le innovazioni dei primi 
     ottantanni del novecento: quella (quelle) per volare;
  •  La terza è tutta culturale: l’antico ed ennesimo sogno infranto di 
     costruire la città ideale.
 
 
LOCALIZZAZIONE DELLA PRIMA STAZIONE
 
Alla ferrovia, ed in particolare alla sua stazione, la Città deve il suo nome[4], il luogo[5] e la condizione sine qua non della sua nascita, ma ancor più il raggiungimento del suo attuale sviluppo ed il ruolo che svolge nell’area dove è oggi inserita.
 
Nella seconda decade del Novecento, con la forza dirompente di quel periodo impetuoso si concretizzano su questo lembo di terra, due accadimenti: l’Aeroscalo di Ciampino e la Città Giardino di Ciampino.
 
Entrambi si concretizzano sessant’anni dopo che un altro grande evento aveva investito questo stesso territorio: la costruzione della prima ferrovia dello Stato Pontificio: la Roma-Frascati i cui lavori, dopo un lento avvio entrano a regime nel 1853 e la ferrovia si inaugura nel 1856. Quattordici anni dopo, a quattordici chilometri di distanza, la capitale dello Stato Pontificio diviene la capitale del Regno d’Italia e la popolazione di Roma (città, suburbio e agro, l'attuale territorio comunale) in cinquantotto anni triplica passando da 176.002 abitanti nel 1853 (Censimento dello Stato Pontificio) a 542.123 nel  1911(Censimento Istat).
A cavallo tra il XIX e XX secolo, il mutamento indotto dal passaggio della ferrovia e dal nuovo uso del territorio, richiesto dall’aumento della popolazione della capitale del nuovo Regno d’Italia, è nel pieno del suo sviluppo: territori fino alla metà dell’Ottocento abbandonati o utilizzati per la pastorizia cominciavano ad essere utilizzati per produzioni agricole. Non è un caso che proprio in questo periodo, durante lo scasso dei terreni per l’impianto di vigne nuove, vengono alla luce (e molto spesso velocemente ricoperti o peggio dispersi) i più importanti reperti archeologici della zona: 
si ricordi per tutti la villa di Voconio Pollione.[6] 
   
 
L'APOLLO PHYTIONS del II secolo 
(ritrovamento fine 800 presso la villa di Voconio Pollione, 
zona Acquacetosa-Sassone)
 
Cambiano anche i decisori di quest’utilizzo: si fanno avanti fattori, amministratori, curatori vari che fanno da snodo tra la proprietà fondiaria e le braccia che sono in grado di lavorarla; cominciano a chiedere di esser ricompensati per i loro servigi con le proprietà di parte dei terreni che curano e, contestualmente, si registra un progressivo arretramento delle proprietà nobiliari (tutta l’area era, ancora alla fine dell’800, feudo dei Colonna). 
Il nuovo uso del territorio, unito all’opportunità offerta dalla ferrovia e dalla stazione ferroviaria, determina un forte afflusso di manodopera, braccianti agricoli stagionali. Arrivano non solo dai territori più vicini dell’Agro e dei Castelli, bensì da tutta l’Italia Centrale: umbri, marchigiani, ciociari, come se i confini del vecchio Stato Pontificio contribuissero a definire queste prime correnti migratorie. 
Ma fino alla fine del primo decennio del Novecento non si riscontra nessun tipo di nucleo abitativo. Fino a tale data è senz’altro più corretto parlare di punti di riferimento per i contadini marinesi, e per i braccianti stagionali che finiti i lavori se ne ritornano nelle regioni di provenienza, capanne di rimessaggio degli attrezzi agricoli che non si trasformano in case e tantomeno in case stabili [7].
I presupposti per la nascita di un insediamento si ritrovano nel secondo decennio, per esigenze tutte interne al territorio, quella di evitare il ritorno periodico ai paesi di origine da parte degli stagionali. Esigenze che trovano un primo piccolo sbocco nelle lottizzazioni del 1910 all'Acqua Acetosa e dopo qualche anno, a guerra terminata, con l'assegnazione di "quarte"[8] agli ex combattenti a Casabianca, Mura dei Francesi,allora detta Frattocchiette e Morena anche detta Ciampino Vecchio 
 
Ma ciò avviene secondo una dinamica in atto in tutte le campagne vicine alla capitale. 
 
La diversità di Ciampino si ritrova nella sinergia che i due accadimenti sopra accennati, l’Aeroscalo e la Città Giardino, determinano, sia pure per soli vent’anni per poi perdersi nel mutare nel tempo, ma lasciando segni evidenti.
 
Entrambi gli accadimenti sono determinati da forze istituzionali ed economiche, del tutto estranee alle logiche interne al territorio su cui si concretizzano.
 
 
 
IL PROGETTO DELL'AEROSCALO (ASAM- fondo aeroporti)]
disegno tratto da: Tra Albalonga e Roma (vedi bibliografia).
 
L’Aeroscalo di Ciampino era la più grande struttura aeronautica italiana del tempo[9], pensata esclusivamente per i Dirigibili: cantiere aeronavale, scuola di volo per dirigibilisti, scalo.  La decisione di impegnarsi per la sua realizzazione fu presa dopo un aspro scontro politico istituzionale tra chi vedeva nelle tecnologie per volare la forza del futuro e chi si attardava a difendersi dall’irruenza disordinata del nuovo. Le motivazioni della scelta del sito la troviamo tra i documenti firmati da colui che per primo lo indicò su una carta militare: 
“… si dispersero le più attive e diligenti ricerche per la scelta della località, scelta che cadde su una spianata allato alla stazione di Ciampino, la quale,  per essere poco esposta ai grandi venti[10], per essere sulla grande linea ferroviaria Roma-Napoli ed unita alla capitale anche per via ordinaria (via Appia Nuova) si è dimostrata la località tecnicamente più adatta nei dintorni di Roma…”.   
                   
Sono molto simili alle motivazioni che hanno spinto nei novanta anni successivi migliaia e migliaia di famiglie a scegliere quel luogo per organizzarvi la propria vita: 
ma Maurizio Valentino Mario Moris il colonnello che firmò quel documento, conosciuto dagli addetti ai lavori come il “padre dell’aeronautica italiana”, non poteva nemmeno immaginarlo, lui che per tutta la vita si lasciò guidare dalle sue “visioni”.                                                                          
 
I terreni vengono espropriati dal Ministero della Guerra il 15-1-1916 e la struttura militare viene assegnata al comando della Marina Militare il 1° novembre 1917 con  il nome di un dirigibilista caduto con il suo M3 nel 1916 di ritorno da una riuscita azione di guerra notturna:
Giovan Battista Pastine medaglia d’Argento alla memoria.
Nel 1928, prendendo spunto dalla tragedia sul Pack artico, dopo un violento scontro tra Nobile e l’allora Ministro della Guerra Italo Balbo, il Dirigibile fu radiato dalle armi in dotazione dell’aeronautica e smantellate le strutture in tutto il territorio nazionale: una tecnologia che in Italia era all’avanguardia nel mondo fu distrutta per decreto, ma anche condannata ad una vera e propria damnatio memoriae. Il Pastine divenne l’aeroporto Ciampino Nord,  rimanendo, come lo era stato l’Aeroscalo, ben distinto e diviso da una strada[11] dall’Aeroporto Ciampino Sud che aveva iniziato ad operare solo nel 1923. Le due strutture verranno riunificate solo dopo la seconda guerra mondiale, con la restituzione nel ’47 da parte degli Alleati. Dopo i lavori di ammodernamento, fatti in occasione del Giubileo del 1950, l’intera nuova struttura riprese nel 1952 l’intestazione a G.B. Pastine e rimase l’aeroporto internazionale della capitale fino al 1960; oggi rimane tra i più importanti d’Italia.
 
Non può sfuggire l’evidente relazione tra la struttura aeronautica e l’idea di costruire la Città Giardino di Ciampino nei terreni non espropriati dal Ministero della Guerra che rimanevano tra l’Aeroscalo e la stazione ferroviaria.
La evidenzia  la contemporaneità degli avvenimenti, la particolarità dei titolari dell’impresa economica (una Cooperativa romana, estranea all’economia locale, con sede anch’essa nel cuore di Roma come il Ministero della Guerra), la complementarietà delle due iniziative:
lo sviluppo dell'Aeroscalo e la conseguente necessità di abitare nelle vicinanze immediate del luogo di lavoro erano le condizioni che i progettisti avevano messo insieme. In particolare gli ufficiali e sottoufficiali dell'aereonautica che erano di stanza, ma anche gli ingegneri progettisti, i tecnici che erano l’anima della più grande struttura aeronautica italiana del tempo, costituivano quel ceto medio borghese a cui offrire una cittadina ordinata con la sua struttura urbanistica a raggiera con una piazza centrale con case a due piani tutte con orto e giardino, una via di mezzo tra la tipologia dei "villini" e dei "giardini" delle norme edilizie del piano di Roma del Sanjust. 
 
 
Il tentativo, (forse il più vicino all’idea di Howard[12], mai iniziato in Italia) di costruire una Città Giardino, dura anche meno dello spazio di un ventennio: 
tra il 29 novembre 1916 ed il 24 dicembre 1918 la cooperativa
  •  approva specifiche Norme Tecniche di costruzione vincolanti per 
     chi avrebbe riacquistato il singolo lotto;
  •  acquista dagli eredi Colonna l’area tra l’Aeroscalo e la ferrovia;
  •  definisce un preciso Piano Regolatore Generale per un’area 
     ancora più vasta di quella acquistata, per la quale firma un 
     compromesso d’acquisto da onorare in 10 anni
  •  tenta di inserire la città all’interno di una grande azienda 
     agricola di 210 ettari (199 a seminativi, 6 a vigne e orti, 4 a presidi
     e fabbricati, 3 a bosco) progettata da un dottore in agraria[13];
  •  lottizza la struttura a raggiera dell’attuale zona centrale 
     costruendo strade, portando l’elettricità.  
 
Nei suoi depliant pubblicitari la Colli Parioli decantava: aria saluberrima, posizione incantevole, sviluppo immediato, massima economia, ed i…125 metri sul livello del mare della Città Giardino di Ciampino! 
Ma il progetto, bene orchestrato, di un insediamento di ceto alto e medio borghese immerso nel verde e con una forte autonomia economica, non decolla. Si tenta di dare un immediato impulso all'urbanizzazione con la costruzione di un collegio religioso per le figlie dell'aristocrazia romana (1922) primo grande edificio capace almeno di 80 convittrici, munito di ogni conforto, adiacente la Chiesa i cui lavori terminarono nel 1927.
 
IL COMPLESSO RELIGIOSO DEL SACRO CUORE DI GESù.
Il Collegio era mirato ad ospitare le figlie dell'aristocrazia romana. La Colle Parioli contò molto sulla grande macchina tecnico-organizzativa messa in piedi per la costruzione del complesso per tentare di garantirsi sinergie che potessero contenere gli alti costi di costruzione della città giardino.
Nel 1923 nascono le prime belle ville (Caprioli, Ortolani, Melsa). Sicuramente il programma fascista per fare di Roma la "Nuova Urbe" e di favorire l'espansione edilizia nel territorio romano, contribuisce a bloccare il progetto della Città Giardino. 
In merito, più eloquente di qualsiasi parola, è la foto del 1929 pubblicata da Anni Nuovi[14] che mostra lottizzazione, strade, alberature del centro completate, ma sono rare le ville della Città Giardino. Sui lotti, pur venduti in gran parte intorno al 1918, ancora non si costruiva.
In verità l’inurbamento inizia (Censimento Istat anno 1921: 154 abitanti - Censimento Istat anno 1936: 1.940 ab.), ma nelle zone periferiche (Morena, Mura dei Francesi, Cipollaro), dove crescono casette fatte mattone su mattone dagli stessi abitanti. È determinato dalla possibilità di lavoro dato dall'aereoporto, dalla stazione ferroviaria, dalla domanda di manodopera degli agrari marinesi, più in generale dagli indirizzi a livello nazionale della politica agraria fascista, che si concretizza localmente con la costruzione nel ‘37 e '38 di una distilleria che diventa punto di riferimento dell’economia agricola dei Castelli.
 
 
 
Lavori per la realizzazione della Cantina Sociale
 
La sua costruzione nel pieno centro di Ciampino, destinato nel PRG della Colli Parioli a zona residenziale, unitamente all'avanzamento dell'aeroporto che sfregia irrimediabilmente il disegno urbano, avvalora l'ipotesi che il progetto della Città Giardino è stato abbandonato, e che Ciampino viene considerata per quello che realmente è in quel momento storico: 
un'ottima concentrazione di sottoproletariato disposto a lavori precari e saltuari, che sia di sostegno ad una agricoltura padronale castellana, e all'economia terziaria locale e romana.
L’ avanzamento del confine aeroportuale sull’area della Città Giardino attuato nella seconda metà degli anni Trenta. 
Ben poco rimane oggi di quell’idea della Colli Parioli oltre alla topografia del centro[15] e a qualche modesta villetta a due piani con orto e giardino. 
 
BOMBARDAMENTO SUL COLLEGIO DEL SACRO CUORE
 
Venendo a Ciampino, ben pochi possono accorgersi di arrivare in uno dei pochissimi centri urbani della cintura romana “pensati” prima di essere stati costruiti. Certo nulla aiuta a capire che quelle vie, ora circondate, anziché da villette, dai palazzoni nati con la ricostruzione del dopo guerra e con il caotico boom edilizio degli anni sessanta[16], in fondo avevano una loro logica, una loro organicità. 
 
E così Ciampino, invece di essere conosciuta come il centro che poteva diventare la Letchwork italiana, lega il suo nome da sempre, nel bene e nel male a quello del più famoso aeroporto: e non si può negare che la storia dell’aeroporto, da Nobile ai divi degli anni ’50, allo Shuttle atterrato nei primi anni ’80, è nell’immaginario collettivo dei Ciampinesi, storia della loro città. Una storia che cerca di dar lustro a quella meno luccicante fatta di immigrazione, di case tirate su la domenica con le proprie mani, di pendolarismo tra la metropoli e quei palazzi che a prima vista fanno sembrare questo posto niente di diverso da un pezzo di periferia romana.
Le frecce argentate rappresentanti gli aerei del suo aeroporto brillano anche nello stemma Comunale di questa che non è e non vuole essere periferia di Roma e faticosamente, anche per la sua giovane vita ha già fatto grandi passi per divenire “Città compiuta”.   
Ma questa difficoltà a diventare città compiuta la si deve anche al fatto che ogni medaglia ha il suo rovescio: da una parte l’aeroporto, oltre a creare indiscutibili problemi ecologici, ferisce con la sua presenza la struttura urbana; dall’altra le FS con le cinque linee locali e nazionali fanno di Ciampino uno dei più importanti nodi ferroviari del Sud del Lazio, ma da sempre rendono difficili e congestionati i normali flussi da quartiere a quartiere. Ancor più si sente questa congestione per il ruolo che al contempo questo territorio continua ad assolvere quale luogo di travaso tra il bacino Appia-Via dei Laghi e quello di Anagnina –Tuscolana.
Nel fare i conti con queste Servitù Nazionali e locali, Ciampino sta giocando  il suo futuro: i conti di un rapporto che non può far pagare la necessaria convivenza solo sulla popolazione locale.
 
E’ nel ruolo baricentrico che svolge nell’area che abbiamo individuato all’inizio di queste nostre brevi righe che Ciampino ha il suo principale punto di forza e da questo deve partire per superare quello che oggi è il suo vero punto di debolezza, ovvero il rapporto da sempre perdente con le Servitù Nazionali a cui è sottoposto: deve creare alleanze con chi (popolazioni ed Istituzioni), pur risiedendo fuori dai suoi confini amministrativi, utilizza i suoi servizi. Alleanze che debbono portare alla realizzazione di infrastrutture che possano non solo armonizzare la vita di chi risiede nel suo territorio, ma anche meglio utilizzare, da parte dell’intera area quello che fin d’ora già Ciampino offre come “Città dei Servizi”.  Sono innumerevoli le città sorte completamente dal nulla nel secolo scorso. Ciampino è una di queste [2]: nella zona dove Ciampino è sorta, non v’era traccia nemmeno del più minuscolo borgo, né di rare case sparse, fino alla fine della prima decade del Novecento.
Ciò è accaduto anche con il centinaio di “città di fondazione” (centri urbani realizzati con progetto unitario) concepite dal regime fascista in Italia negli anni trenta (tra cui Sabaudia, Aprilia, Pontinia, Littoria - l’attuale Latina-); ma la nascita di Ciampino non ha alcun legame con queste.  È precedente allo stesso regime e fuori da quel piano di fondazione.
 
Oggi la troviamo in una posizione baricentrica di un’area del quadrante sud-est della provincia di Roma che parte dopo Tor Vergata ed arriva ai confini della provincia, prima di Aprilia.
Un’area, individuabile come una vera e propria faglia di sutura tra Roma e l’area socioeconomica omogenea dei Castelli Romani, che si snoda lungo assi trasversali rispetto alla tessitura radiale romana; un’area priva di unità ed autorità amministrativa, ma con storie simili: storie di immigrazioni, concentrate e consolidate nella seconda metà del Novecento[3], di popolazioni che si insediano su territori periferici e quasi di risulta rispetto alle unità amministrative originali (Roma, Marino, Castel Gandolfo, Albano, Lanuvio). Popolazioni che hanno problemi comuni, che spesso si servono di servizi comuni (ferrovia, strade, centri commerciali), ma che mai riescono a condurre azioni comuni perché diversi sono i loro referenti istituzionali. Un’area che potremmo definire la città negata.
  
Diversamente dalle altre zone di quest’area, Ciampino acquisisce la sua autonomia amministrativa dal comune di Marino a cui il suo territorio apparteneva, a 65 anni dall’inizio della sua formazione; dopo altri 30 anni assume anche formalmente il titolo di Città. Perdente e lacerante invece la battaglia intrapresa da Frattocchie, Santa Maria delle Mole, Cava dei Selci che riusciti a trovare almeno un nome in comune (Boville), han visto svanire la loro autonomia amministrativa da Marino a colpi di sentenze di Tar. Morena, Sette metri, Centroni, con la costituzione del X° Municipio di Roma vedono avvicinato il loro referente. Pavona rimane addirittura divisa tra tre referenti amministrativi: Roma, Albano, Castel Gandolfo. Il borgo di Tor Vergata si è letteralmente dissolto tra i nuovi interventi direzionali ed i conseguenti milioni di metri cubi degli ultimi anni.
 
Ciampino deve il suo nome, le basi del suo sviluppo, ed in parte la sua forma a tre innovazioni:
  •  La prima è tutta ottocentesca: la ferrovia;
  •  La seconda è la più impetuosa tra le innovazioni dei primi 
     ottantanni del novecento: quella (quelle) per volare;
  •  La terza è tutta culturale: l’antico ed ennesimo sogno infranto di 
     costruire la città ideale.
 
 
LOCALIZZAZIONE DELLA PRIMA STAZIONE
 
Alla ferrovia, ed in particolare alla sua stazione, la Città deve il suo nome[4], il luogo[5] e la condizione sine qua non della sua nascita, ma ancor più il raggiungimento del suo attuale sviluppo ed il ruolo che svolge nell’area dove è oggi inserita.
 
Nella seconda decade del Novecento, con la forza dirompente di quel periodo impetuoso si concretizzano su questo lembo di terra, due accadimenti: l’Aeroscalo di Ciampino e la Città Giardino di Ciampino.
 
Entrambi si concretizzano sessant’anni dopo che un altro grande evento aveva investito questo stesso territorio: la costruzione della prima ferrovia dello Stato Pontificio: la Roma-Frascati i cui lavori, dopo un lento avvio entrano a regime nel 1853 e la ferrovia si inaugura nel 1856. Quattordici anni dopo, a quattordici chilometri di distanza, la capitale dello Stato Pontificio diviene la capitale del Regno d’Italia e la popolazione di Roma (città, suburbio e agro, l'attuale territorio comunale) in cinquantotto anni triplica passando da 176.002 abitanti nel 1853 (Censimento dello Stato Pontificio) a 542.123 nel  1911(Censimento Istat).
A cavallo tra il XIX e XX secolo, il mutamento indotto dal passaggio della ferrovia e dal nuovo uso del territorio, richiesto dall’aumento della popolazione della capitale del nuovo Regno d’Italia, è nel pieno del suo sviluppo: territori fino alla metà dell’Ottocento abbandonati o utilizzati per la pastorizia cominciavano ad essere utilizzati per produzioni agricole. Non è un caso che proprio in questo periodo, durante lo scasso dei terreni per l’impianto di vigne nuove, vengono alla luce (e molto spesso velocemente ricoperti o peggio dispersi) i più importanti reperti archeologici della zona: 
si ricordi per tutti la villa di Voconio Pollione.[6] 
   
 
L'APOLLO PHYTIONS del II secolo 
(ritrovamento fine 800 presso la villa di Voconio Pollione, 
zona Acquacetosa-Sassone)
 
Cambiano anche i decisori di quest’utilizzo: si fanno avanti fattori, amministratori, curatori vari che fanno da snodo tra la proprietà fondiaria e le braccia che sono in grado di lavorarla; cominciano a chiedere di esser ricompensati per i loro servigi con le proprietà di parte dei terreni che curano e, contestualmente, si registra un progressivo arretramento delle proprietà nobiliari (tutta l’area era, ancora alla fine dell’800, feudo dei Colonna). 
Il nuovo uso del territorio, unito all’opportunità offerta dalla ferrovia e dalla stazione ferroviaria, determina un forte afflusso di manodopera, braccianti agricoli stagionali. Arrivano non solo dai territori più vicini dell’Agro e dei Castelli, bensì da tutta l’Italia Centrale: umbri, marchigiani, ciociari, come se i confini del vecchio Stato Pontificio contribuissero a definire queste prime correnti migratorie. 
Ma fino alla fine del primo decennio del Novecento non si riscontra nessun tipo di nucleo abitativo. Fino a tale data è senz’altro più corretto parlare di punti di riferimento per i contadini marinesi, e per i braccianti stagionali che finiti i lavori se ne ritornano nelle regioni di provenienza, capanne di rimessaggio degli attrezzi agricoli che non si trasformano in case e tantomeno in case stabili [7].
I presupposti per la nascita di un insediamento si ritrovano nel secondo decennio, per esigenze tutte interne al territorio, quella di evitare il ritorno periodico ai paesi di origine da parte degli stagionali. Esigenze che trovano un primo piccolo sbocco nelle lottizzazioni del 1910 all'Acqua Acetosa e dopo qualche anno, a guerra terminata, con l'assegnazione di "quarte"[8] agli ex combattenti a Casabianca, Mura dei Francesi,allora detta Frattocchiette e Morena anche detta Ciampino Vecchio 
 
Ma ciò avviene secondo una dinamica in atto in tutte le campagne vicine alla capitale. 
 
La diversità di Ciampino si ritrova nella sinergia che i due accadimenti sopra accennati, l’Aeroscalo e la Città Giardino, determinano, sia pure per soli vent’anni per poi perdersi nel mutare nel tempo, ma lasciando segni evidenti.
 
Entrambi gli accadimenti sono determinati da forze istituzionali ed economiche, del tutto estranee alle logiche interne al territorio su cui si concretizzano.
 
 
 
IL PROGETTO DELL'AEROSCALO (ASAM- fondo aeroporti)]
disegno tratto da: Tra Albalonga e Roma (vedi bibliografia).
 
L’Aeroscalo di Ciampino era la più grande struttura aeronautica italiana del tempo[9], pensata esclusivamente per i Dirigibili: cantiere aeronavale, scuola di volo per dirigibilisti, scalo.  La decisione di impegnarsi per la sua realizzazione fu presa dopo un aspro scontro politico istituzionale tra chi vedeva nelle tecnologie per volare la forza del futuro e chi si attardava a difendersi dall’irruenza disordinata del nuovo. Le motivazioni della scelta del sito la troviamo tra i documenti firmati da colui che per primo lo indicò su una carta militare: 
“… si dispersero le più attive e diligenti ricerche per la scelta della località, scelta che cadde su una spianata allato alla stazione di Ciampino, la quale,  per essere poco esposta ai grandi venti[10], per essere sulla grande linea ferroviaria Roma-Napoli ed unita alla capitale anche per via ordinaria (via Appia Nuova) si è dimostrata la località tecnicamente più adatta nei dintorni di Roma…”.   
                   
Sono molto simili alle motivazioni che hanno spinto nei novanta anni successivi migliaia e migliaia di famiglie a scegliere quel luogo per organizzarvi la propria vita: 
ma Maurizio Valentino Mario Moris il colonnello che firmò quel documento, conosciuto dagli addetti ai lavori come il “padre dell’aeronautica italiana”, non poteva nemmeno immaginarlo, lui che per tutta la vita si lasciò guidare dalle sue “visioni”.                                                                          
 
I terreni vengono espropriati dal Ministero della Guerra il 15-1-1916 e la struttura militare viene assegnata al comando della Marina Militare il 1° novembre 1917 con  il nome di un dirigibilista caduto con il suo M3 nel 1916 di ritorno da una riuscita azione di guerra notturna:
Giovan Battista Pastine medaglia d’Argento alla memoria.
Nel 1928, prendendo spunto dalla tragedia sul Pack artico, dopo un violento scontro tra Nobile e l’allora Ministro della Guerra Italo Balbo, il Dirigibile fu radiato dalle armi in dotazione dell’aeronautica e smantellate le strutture in tutto il territorio nazionale: una tecnologia che in Italia era all’avanguardia nel mondo fu distrutta per decreto, ma anche condannata ad una vera e propria damnatio memoriae. Il Pastine divenne l’aeroporto Ciampino Nord,  rimanendo, come lo era stato l’Aeroscalo, ben distinto e diviso da una strada[11] dall’Aeroporto Ciampino Sud che aveva iniziato ad operare solo nel 1923. Le due strutture verranno riunificate solo dopo la seconda guerra mondiale, con la restituzione nel ’47 da parte degli Alleati. Dopo i lavori di ammodernamento, fatti in occasione del Giubileo del 1950, l’intera nuova struttura riprese nel 1952 l’intestazione a G.B. Pastine e rimase l’aeroporto internazionale della capitale fino al 1960; oggi rimane tra i più importanti d’Italia.
 
Non può sfuggire l’evidente relazione tra la struttura aeronautica e l’idea di costruire la Città Giardino di Ciampino nei terreni non espropriati dal Ministero della Guerra che rimanevano tra l’Aeroscalo e la stazione ferroviaria.
La evidenzia  la contemporaneità degli avvenimenti, la particolarità dei titolari dell’impresa economica (una Cooperativa romana, estranea all’economia locale, con sede anch’essa nel cuore di Roma come il Ministero della Guerra), la complementarietà delle due iniziative:
lo sviluppo dell'Aeroscalo e la conseguente necessità di abitare nelle vicinanze immediate del luogo di lavoro erano le condizioni che i progettisti avevano messo insieme. In particolare gli ufficiali e sottoufficiali dell'aereonautica che erano di stanza, ma anche gli ingegneri progettisti, i tecnici che erano l’anima della più grande struttura aeronautica italiana del tempo, costituivano quel ceto medio borghese a cui offrire una cittadina ordinata con la sua struttura urbanistica a raggiera con una piazza centrale con case a due piani tutte con orto e giardino, una via di mezzo tra la tipologia dei "villini" e dei "giardini" delle norme edilizie del piano di Roma del Sanjust. 
 
 
Il tentativo, (forse il più vicino all’idea di Howard[12], mai iniziato in Italia) di costruire una Città Giardino, dura anche meno dello spazio di un ventennio: 
tra il 29 novembre 1916 ed il 24 dicembre 1918 la cooperativa
  •  approva specifiche Norme Tecniche di costruzione vincolanti per 
     chi avrebbe riacquistato il singolo lotto;
  •  acquista dagli eredi Colonna l’area tra l’Aeroscalo e la ferrovia;
  •  definisce un preciso Piano Regolatore Generale per un’area 
     ancora più vasta di quella acquistata, per la quale firma un 
     compromesso d’acquisto da onorare in 10 anni
  •  tenta di inserire la città all’interno di una grande azienda 
     agricola di 210 ettari (199 a seminativi, 6 a vigne e orti, 4 a presidi
     e fabbricati, 3 a bosco) progettata da un dottore in agraria[13];
  •  lottizza la struttura a raggiera dell’attuale zona centrale 
     costruendo strade, portando l’elettricità.  
 
Nei suoi depliant pubblicitari la Colli Parioli decantava: aria saluberrima, posizione incantevole, sviluppo immediato, massima economia, ed i…125 metri sul livello del mare della Città Giardino di Ciampino! 
Ma il progetto, bene orchestrato, di un insediamento di ceto alto e medio borghese immerso nel verde e con una forte autonomia economica, non decolla. Si tenta di dare un immediato impulso all'urbanizzazione con la costruzione di un collegio religioso per le figlie dell'aristocrazia romana (1922) primo grande edificio capace almeno di 80 convittrici, munito di ogni conforto, adiacente la Chiesa i cui lavori terminarono nel 1927.
 
IL COMPLESSO RELIGIOSO DEL SACRO CUORE DI GESù.
Il Collegio era mirato ad ospitare le figlie dell'aristocrazia romana. La Colle Parioli contò molto sulla grande macchina tecnico-organizzativa messa in piedi per la costruzione del complesso per tentare di garantirsi sinergie che potessero contenere gli alti costi di costruzione della città giardino.
Nel 1923 nascono le prime belle ville (Caprioli, Ortolani, Melsa). Sicuramente il programma fascista per fare di Roma la "Nuova Urbe" e di favorire l'espansione edilizia nel territorio romano, contribuisce a bloccare il progetto della Città Giardino. 
In merito, più eloquente di qualsiasi parola, è la foto del 1929 pubblicata da Anni Nuovi[14] che mostra lottizzazione, strade, alberature del centro completate, ma sono rare le ville della Città Giardino. Sui lotti, pur venduti in gran parte intorno al 1918, ancora non si costruiva.
In verità l’inurbamento inizia (Censimento Istat anno 1921: 154 abitanti - Censimento Istat anno 1936: 1.940 ab.), ma nelle zone periferiche (Morena, Mura dei Francesi, Cipollaro), dove crescono casette fatte mattone su mattone dagli stessi abitanti. È determinato dalla possibilità di lavoro dato dall'aereoporto, dalla stazione ferroviaria, dalla domanda di manodopera degli agrari marinesi, più in generale dagli indirizzi a livello nazionale della politica agraria fascista, che si concretizza localmente con la costruzione nel ‘37 e '38 di una distilleria che diventa punto di riferimento dell’economia agricola dei Castelli.
 
 
 
Lavori per la realizzazione della Cantina Sociale
 
La sua costruzione nel pieno centro di Ciampino, destinato nel PRG della Colli Parioli a zona residenziale, unitamente all'avanzamento dell'aeroporto che sfregia irrimediabilmente il disegno urbano, avvalora l'ipotesi che il progetto della Città Giardino è stato abbandonato, e che Ciampino viene considerata per quello che realmente è in quel momento storico: 
un'ottima concentrazione di sottoproletariato disposto a lavori precari e saltuari, che sia di sostegno ad una agricoltura padronale castellana, e all'economia terziaria locale e romana.
L’ avanzamento del confine aeroportuale sull’area della Città Giardino attuato nella seconda metà degli anni Trenta. 
Ben poco rimane oggi di quell’idea della Colli Parioli oltre alla topografia del centro[15] e a qualche modesta villetta a due piani con orto e giardino. 
 
BOMBARDAMENTO SUL COLLEGIO DEL SACRO CUORE
 
Venendo a Ciampino, ben pochi possono accorgersi di arrivare in uno dei pochissimi centri urbani della cintura romana “pensati” prima di essere stati costruiti. Certo nulla aiuta a capire che quelle vie, ora circondate, anziché da villette, dai palazzoni nati con la ricostruzione del dopo guerra e con il caotico boom edilizio degli anni sessanta[16], in fondo avevano una loro logica, una loro organicità. 
 
E così Ciampino, invece di essere conosciuta come il centro che poteva diventare la Letchwork italiana, lega il suo nome da sempre, nel bene e nel male a quello del più famoso aeroporto: e non si può negare che la storia dell’aeroporto, da Nobile ai divi degli anni ’50, allo Shuttle atterrato nei primi anni ’80, è nell’immaginario collettivo dei Ciampinesi, storia della loro città. Una storia che cerca di dar lustro a quella meno luccicante fatta di immigrazione, di case tirate su la domenica con le proprie mani, di pendolarismo tra la metropoli e quei palazzi che a prima vista fanno sembrare questo posto niente di diverso da un pezzo di periferia romana.
Le frecce argentate rappresentanti gli aerei del suo aeroporto brillano anche nello stemma Comunale di questa che non è e non vuole essere periferia di Roma e faticosamente, anche per la sua giovane vita ha già fatto grandi passi per divenire “Città compiuta”.   
Ma questa difficoltà a diventare città compiuta la si deve anche al fatto che ogni medaglia ha il suo rovescio: da una parte l’aeroporto, oltre a creare indiscutibili problemi ecologici, ferisce con la sua presenza la struttura urbana; dall’altra le FS con le cinque linee locali e nazionali fanno di Ciampino uno dei più importanti nodi ferroviari del Sud del Lazio, ma da sempre rendono difficili e congestionati i normali flussi da quartiere a quartiere. Ancor più si sente questa congestione per il ruolo che al contempo questo territorio continua ad assolvere quale luogo di travaso tra il bacino Appia-Via dei Laghi e quello di Anagnina –Tuscolana.
Nel fare i conti con queste Servitù Nazionali e locali, Ciampino sta giocando  il suo futuro: i conti di un rapporto che non può far pagare la necessaria convivenza solo sulla popolazione locale.
 
E’ nel ruolo baricentrico che svolge nell’area che abbiamo individuato all’inizio di queste nostre brevi righe che Ciampino ha il suo principale punto di forza e da questo deve partire per superare quello che oggi è il suo vero punto di debolezza, ovvero il rapporto da sempre perdente con le Servitù Nazionali a cui è sottoposto: deve creare alleanze con chi (popolazioni ed Istituzioni), pur risiedendo fuori dai suoi confini amministrativi, utilizza i suoi servizi. Alleanze che debbono portare alla realizzazione di infrastrutture che possano non solo armonizzare la vita di chi risiede nel suo territorio, ma anche meglio utilizzare, da parte dell’intera area quello che fin d’ora già Ciampino offre come “Città dei Servizi”.  


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